PROVVEDIMENTI
PER LA DIFESA DELLA RAZZA ITALIANA
17 Novembre 1938
Vittorio
Emanuele III
per Grazia di Dio e per la Volontà della Nazione
Re d'Italia
Imperatore d'Etiopia
Ritenuta la necessità urgente ed assoluta di
provvedere;
Visto l'art. 3, n. 2, della legge 31 gennaio 1926-IV, n. 100, sulla facoltà del
potere esecutivo di emanare norme giuridiche;
Sentito il Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta del DUCE, Primo Ministro Segretario di Stato, Ministro per
l'interno, di concerto coi Ministri per gli affari esteri, per la grazia e
giustizia, per le finanze e per le corporazioni;
Abbiamo decretato e decretiamo:
CAPO I
Provvedimenti relativi ai matrimoni
Art. 1. Il matrimonio del cittadino italiano di razza ariana con persona
appartenente ad altra razza è proibito. Il matrimonio celebrato in contrasto con
tale divieto è nullo.
Art. 2. Fermo il divieto di cui all'art. 1, il matrimonio del cittadino
italiano con persona di nazionalità straniera è subordinato al preventivo
consenso del Ministero per l'interno. I trasgressori sono puniti con l'arresto
fino a tre mesi e con l'ammenda fino a lire diecimila.
Art. 3. Fermo il divieto di cui all'art. 1, i dipendenti delle
Amministrazioni civili e militari dello Stato, delle Organizzazioni del Partito
Nazionale Fascista o da esso controllate, delle Amministrazioni delle Provincie,
dei Comuni, degli Enti parastatali e delle Associazioni sindacali ed Enti
collaterali non possono contrarre matrimonio con persone di nazionalità
straniera. Salva l'applicazione, ove ne ricorrano gli estremi, delle sanzioni
previste dall'art. 2, la trasgressione del predetto divieto importa la perdita
dell'impiego e del grado.
Art. 4. Ai fini dell'applicazione degli articoli 2 e 3, gli italiani non
regnicoli non sono considerati stranieri.
Art. 5. L'ufficiale dello stato civile, richiesto di pubblicazioni di
matrimonio, è obbligato ad accertare, indipendentemente dalle dichiarazioni
delle parti, la razza e lo stato di cittadinanza di entrambi i richiedenti. Nel
caso previsto dall'art. 1, non procederà nè alle pubblicazioni nè alla
celebrazione del matrimonio. L'ufficiale dello stato civile che trasgredisce al
disposto del presente articolo è punito con l'ammenda da lire cinquecento a lire
cinquemila.
Art. 6. Non può produrre effetti civili e non deve, quindi, essere
trascritto nei registri dello stato civile, a norma dell'art.5 della legge 27
maggio 1929-VII, n. 847, il matrimonio celebrato in violazione dell'art.1. Al
ministro del culto, davanti al quale sia celebrato tale matrimonio, è vietato
l'adempimento di quanto disposto dal primo comma dell'art.8 della predetta
legge. I trasgressori sono puniti con l'ammenda da lire cinquecento a lire
cinquemila.
Art. 7. L'ufficiale dello stato civile che ha proceduto alla trascrizione
degli atti relativi a matrimoni celebrati senza l'osservanza del disposto
dell'art. 2 è tenuto a farne immediata denunzia all'autorità competente.
CAPO II
Degli appartenenti alla razza ebraica
Art. 8. Agli effetti di legge:
a) è di razza ebraica colui che è nato da genitori entrambi di razza ebraica,
anche se appartenga a religione diversa da quella ebraica;
b) è considerato di razza ebraica colui che è nato da genitori di cui uno di
razza ebraica e l'altro di nazionalità straniera;
c) è considerato di razza ebraica colui che è nato da madre di razza ebraica
qualora sia ignoto il padre;
d) è considerato di razza ebraica colui che, pur essendo nato da genitori di
nazionalità italiana, di cui uno solo di razza ebraica, appartenga alla
religione ebraica, o sia, comunque, iscritto ad una comunità israelitica, ovvero
abbia fatto, in qualsiasi altro modo, manifestazioni di ebraismo. Non è
considerato di razza ebraica colui che è nato da genitori di nazionalità
italiana, di cui uno solo di razza ebraica, che, alla data del 1í ottobre
1938-XVI, apparteneva a religioni diversa da quella ebraica.
Art. 9. L'appartenenza alla razza ebraica deve essere denunziata ed
annotata nei registri dello stato civile e della popolazione. Tutti gli estratti
dei predetti registri ed i certificati relativi, che riguardano appartenenti
alla razza ebraica, devono fare espressa menzione di tale annotazione.Uguale
menzione deve farsi negli atti relativi a concessione o autorizzazioni della
pubblica autorità. I contravventori alle disposizioni del presente articolo sono
puniti con l'ammenda fino a lire duemila.
Art. 10. I cittadini italiani di razza ebraica non possono:
a) prestare servizio militare in pace e in guerra;
b) esercitare l'ufficio di tutore o curatore di minori o di incapaci non
appartenenti alla razza ebraica
c) essere proprietari o gestori, a qualsiasi titolo, di aziende dichiarate
interessanti la difesa della Nazione, ai sensi e con le norme dell'art. 1 R.
decreto-legge 18 novembre 1929-VIII, n. 2488, e di aziende di qualunque natura
che impieghino cento o più persone, nè avere di dette aziende la direzione nè
assumervi comunque, l'ufficio di amministrazione o di sindaco;
d) essere proprietari di terreni che, in complesso, abbiano un estimo superiore
a lire cinquemila;
e) essere proprietari di fabbricati urbani che, in complesso, abbiano un
imponibile superiore a lire ventimila. Per i fabbricati per i quali non esista
l'imponibile, esso sarà stabilito sulla base degli accertamenti eseguiti ai fini
dell'applicazione dell'imposta straordinaria sulla proprietà immobiliare di cui
al R. decreto-legge 5 ottobre 1936-XIV, n. 1743. Con decreto Reale, su proposta
del Ministro per le finanze, di concerto coi Ministri per l'interno, per la
grazia e giustizia, per le corporazioni e per gli scambi e valute, saranno
emanate le norme per l'attuazione delle disposizioni di cui alle lettere c), d),
e).
Art. 11. Il genitore di razza ebraica può essere privato della patria
potestà sui figli che appartengono a religione diversa da quella ebraica,
qualora risulti che egli impartisca ad essi una educazione non corrispondente ai
loro principi religiosi o ai fini nazionali.
Art. 12. Gli appartenenti alla razza ebraica non possono avere alle
proprie dipendenze, in qualità di domestici, cittadini italiani di razza ariana.
I trasgressori sono puniti con l'ammenda da lire mille a lire cinquemila.
Art. 13. Non possono avere alle proprie dipendenze persone appartenenti
alla razza ebraica:
a) le Amministrazioni civili e militari dello Stato;
b) il Partito Nazionale Fascista e le organizzazioni che ne dipendono o che ne
sono controllate;
c) le Amministrazioni delle Provincie, dei Comuni, delle Istituzioni pubbliche
di assistenza e beneficenza e degli Enti, Istituti ed Aziende, comprese quelle
dei trasporti in gestione diretta, amministrate o mantenute col concorso delle
Provincie, dei Comuni, delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza o
dei loro Consorzi;
d) le Amministrazioni delle aziende municipalizzate;
e) le Amministrazioni degli Enti parastatali, comunque costituiti e denominati,
delle Opere nazionali, delle Associazioni sindacali ed Enti collaterali e, in
genere, di tutti gli Enti ed Istituti di diritto pubblico, anche con ordinamento
autonomo, sottoposti a vigilanza o a tutela dello Stato, o al cui mantenimento
lo Stato concorra con contributi di carattere continuativo;
f) le Amministrazioni delle aziende annesse o direttamente dipendenti dagli Enti
di cui alla precedente lettera e) o che attingono ad essi, in modo prevalente, i
mezzi necessari per il raggiungimento dei propri fini, nonché delle società, il
cui capitale sia costituito, almeno per metà del suo importo, con la
partecipazione dello Stato;
g) le Amministrazioni delle banche di interesse nazionale;
h) le Amministrazioni delle imprese private di assicurazione.
Art. 14. Il Ministro per l'interno, sulla documentata istanza degli
interessati, può, caso per caso, dichiarare non applicabili le disposizioni
dell'art 10, nonché dell'art. 13, lett. h):
a) ai componenti le famiglie dei caduti nelle guerre libica, mondiale, etiopica
e spagnola e dei caduti per la causa fascista;
b) a coloro che si trovino in una delle seguenti condizioni:
1. mutilati, invalidi, feriti, volontari di guerra o decorati al valore nelle
guerre libica, mondiale, etiopica e spagnola;
2. combattenti nelle guerre libica, mondiale, etiopica, spagnola che abbiano
conseguito almeno la croce al merito di guerra;
3. mutilati, invalidi, feriti della causa fascista;
4. iscritti al Partito Nazionale Fascista negli anni 1919-20-21-22 e nel secondo
semestre del 1924;
5. legionari fiumani;
6. abbiano acquisito eccezionali benemerenze, da valutarsi a termini
dell'art.16.
Nei casi preveduti alla lett. b), il beneficio può essere esteso ai componenti
la famiglia delle persone ivi elencate, anche se queste siano premorte. Gli
interessati possono richiedere l'annotazione del provvedimento del Ministro per
l'interno nei registri di stato civile e di popolazione. Il provvedimento del
Ministro per l'interno non è soggetto ad alcun gravame, sia in via
amministrativa, sia in via giurisdizionale.
Art. 15. Ai fini dell'applicazione dell'art. 14, sono considerati
componenti della famiglia, oltre il coniuge, gli ascendenti e i discendenti fino
al secondo grado.
Art. 16. Per la valutazione delle speciali benemerenze di cui all'art. 14
lett. b), n. 6, è istituita, presso il Ministero dell'interno, una Commissione
composta del Sottosegretario di Stato all'interno, che la presiede, di un Vice
Segretario del Partito Nazionale Fascista e del Capo di Stato Maggiore della
Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale.
Art. 17. è vietato agli ebrei stranieri di fissare stabile dimora nel
Regno, in Libia e nei Possedimenti dell'Egeo.
CAPO III
Disposizioni transitorie e finali
Art. 18. Per il periodo di tre mesi dalla data di entrata in vigore del
presente decreto, è data facoltà al Ministro per l'interno, sentita
l'Amministrazione interessata, di dispensare, in casi speciali, dal divieto di
cui all'art. 3, gli impiegati che intendono contrarre matrimonio con persona
straniera di razza ariana.
Art. 19. Ai fini dell'applicazione dell'art. 9, tutti coloro che si
trovano nelle condizioni di cui all'art.8, devono farne denunzia all'ufficio di
stato civile del Comune di residenza, entro 90 giorni dalla data di entrata in
vigore del presente decreto. Coloro che non adempiono a tale obbligo entro il
termine prescritto o forniscono dati inesatti o incompleti sono puniti con
l'arresto fino ad un mese e con l'ammenda fino a lire tremila.
Art. 20. I dipendenti degli Enti indicati nell'art.13, che appartengono
alla razza ebraica, saranno dispensati dal servizio nel termine di tre mesi
dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
Art. 21. I dipendenti dello Stato in pianta stabile, dispensati dal
servizio a norma dell'art.20, sono ammessi a far valere il diritto al
trattamento di quiescenza loro spettante a termini di legge. In deroga alle
vigenti disposizioni, a coloro che non hanno maturato il periodo di tempo
prescritto è concesso il trattamento minimo di pensione se hanno compiuto almeno
dieci anni di servizio; negli altri casi è concessa una indennità pari a tanti
dodicesimi dell'ultimo stipendio quanti sono gli anni di servizio compiuti.
Art. 22. Le disposizioni di cui all'art.21 sono estese, in quanto
applicabili, agli Enti indicati alle lettere b),c),d),e),f),g),h), dell'art.13.
Gli Enti, nei cui confronti non sono applicabili le disposizioni dell'art.21,
liquideranno, ai dipendenti dispensati dal servizio, gli assegni o le indennità
previste dai propri ordinamenti o dalle norme che regolano il rapporto di
impiego per i casi di dispensa o licenziamento per motivi estranei alla volontà
dei dipendenti.
Art. 23. Le concessioni di cittadinanza italiana comunque fatte ad ebrei
stranieri posteriormente al 1° gennaio 1919 si intendono ad ogni effetto
revocate.
Art. 24. Gli ebrei stranieri e quelli nei cui confronti si applichi
l'art.23, i quali abbiano iniziato il loro soggiorno nel Regno, in Libia e nei
Possedimenti dell'Egeo posteriormente al 1° gennaio 1919, debbono lasciare il
territorio del Regno, della Libia e dei possedimenti dell'Egeo entro il 12 marzo
1939-XVII. Coloro che non avranno ottemperato a tale obbligo entro il termine
suddetto saranno puniti con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a
lire 5.000 e saranno espulsi a norma dell'art.150 del testo unico delle leggi di
pubblica sicurezza, approvato con R. decreto 18 giugno 1931-IX, n. 773.
Art. 25. La disposizione dell'art.24 non si applica agli ebrei di
nazionalità straniera i quali, anteriormente al 1° ottobrel938-XVI:
a) abbiano compiuto il 65° anno di età;
b) abbiano contratto matrimonio con persone di cittadinanza italiana.
Ai fini dell'applicazione del presente articolo, gli interessati dovranno far
pervenire documentata istanza al Ministero dell'interno entra trenta giorni
dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
Art. 26. Le questioni relative all'applicazione del presente decreto
saranno risolte, caso per caso, dal Ministro per l'interno, sentiti i Ministri
eventualmente interessati, e previo parere di una Commissione da lui nominata.
Il provvedimento non è soggetto ad alcun gravame, sia in via amministrativa, sia
in via giurisdizionale.
Art. 27. Nulla è innovato per quanto riguarda il pubblico esercizio del
culto e la attivita delle comunità israelitiche, secondo le leggi vigenti, salvo
le modificazioni eventualmente necessarie per coordinare tali leggi con le
disposizioni del presente decreto.
Art. 28. E' abrogata ogni disposizione contraria o, comunque,
incompatibile con quella del presente decreto.
Art. 29. Il Governo del Re è autorizzato ad emanare le norme necessarie
per l'attuazione del presente decreto. Il presente decreto sarà presentato al
Parlamento per la sua conversione in legge. Il DUCE, Ministro per l'interno,
proponente, è autorizzato a presentare relativo disegno di legge.
Ordiniamo
che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella
raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a
chiunque spetti di osservarlo e farlo osservare.
Dato a Roma, addì 17 novembre 1938 - XVII
Vittorio Emanuele, Mussolini, Ciano, Solmi, Di Revel, Lantini
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