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Antisemitismo ed antigiudaismo: prodotto dell′ostilità religiosa
Origini dell'antisemitismo



DALL'OSTILITÀ RELIGIOSA ALL'ODIO RAZZIALE

Antigiudaismo ed antisemitismo: prodotti della cultura europea

L'antisemitismo, quale costruzione ideologica di pregiudizio nei confronti degli ebrei, ha una primogenitura storica nell'ostilità religiosa (anti-giudaismo), da decenni superata e rigettata dalla Chiesa Cattolica, eppure per anni sorretta dall'idea che il popolo ebraico fosse responsabile dell'uccisione di Gesù di Nazaret ("ebrei deicidi"). 

Anti-guidaismo e anti-semitismo non sono fenomeni del pensiero sovrapponibili. Eppure, è un'evidenza della storia il fatto che proprio il razzismo antisemita abbia trovato soprattutto nell'Europa cattolica, nei secoli scorsi, l'ambiente culturale per il diffondersi delle più violente campagne d'odio razziale.
Antisemitismo ed antigiudaismo, ancorché non sinonimi o frutto di una comune ideologia, hanno quindi trovato la forza l'uno nell'altro.

Così, il pensiero antisemita ha colto nel tempo le opportunità di legittimazione offerte dal pensiero cattolico antigiudaico, una storia  che ha conosciuto il perdurare della condanna religiosa per duemila anni, fino al concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965).

Sin dall'alba del Cattolicesimo, quando i discepoli di Gesù erano "scomparsi" nelle rovine di Gerusalemme, fu essenziale segnare la separazione fra la religione cattolica e quella da cui essa derivava. Si trattava di risolvere la contraddizione, anche nei confronti dei fedeli, circa il fatto che alcuni elementi della tradizione ebraica erano fatti propri dal Cattolicesimo, mentre altri venivano rigettati. Nacquero così le principali accuse contro i giudei: Giuda, il traditore di Cristo, diventava l'emblema di un popolo reo non solo d'aver disconosciuto la divinità di Cristo, ma di averlo messo a morte.

Se un popolo era responsabile dell'uccisione di Cristo, allora le repressioni, la diaspora e tutte le sofferenze subìte dovevano apparire come una punizione divina per i teologi del tempo.
"Banditi perfidi, distruttori, dissoluti, simili ai maiali [...] Per il loro deicidio non c'è possibilità di perdono, dispersi in schiavitù per sempre [...] Dio odia gli ebrei e li ha sempre odiati": così scriveva Giovanni d'Antiochia, commemorato come Santo dalla Chiesa cattolica. Di qui, è breve il passo per la costruzione collettiva di categorie del pensiero accusatrici nei confronti del popolo ebraico, un "capro espiatorio" già designato da legislazioni che facevano dell'ebreo uno straniero con diritti di cittadinanza limitati.

La paura e l'odio collettivo verso l'ebreo sono sentimenti ben esemplificati dai numerosi pogrom che sterminarono le comunità ebraiche d'Europa nel 1300, allorquando serpeggiava l'idea che la terribile peste nera fosse il prodotto dell'avvelenamento dei pozzi da parte degli ebrei. Basilea fu teatro di uno di questi stermini: il 9 gennaio del 1349 l'intera comunità ebraica fu arsa viva all'interno di una costruzione di legno posta su un'isola del Reno.

Altra evidenza storica che testimonia il risultato dell'odio religioso (cristiano) nei confronti degli ebrei è la paradigmatica vicenda di Simonino di Trento, alla quale si riferisce la raffigurazione in alto. Era il marzo del 1475 quando il corpo di un bambino d'appena due anni veniva trovato nei pressi di un canale a fianco al quartiere ebraico di Trento: così, in un clima ormai antisemita, trenta ebrei vennero accusati della pratica d'omicidio al fine di compiere il rito della raccolta del sangue per le azzime di Pasqua. Torturati e messi a morte, al processo seguì inevitabilmente un acuirsi delle persecuzioni nei confronti della comunità ebraica, mentre il culto di Simonino martire resistette fino al 1965.

Gli ebrei erano ormai, de facto, spogliati dei diritti di cittadinanza nelle comunità cristiane, e all'inizio del 1500, in Spagna, i re cattolici Ferdinando e Isabella decisero di cacciare dal loro regno tutti gli ebrei che vi abitavano.
Solo nel mondo arabo-musulmano, quindi anche in Palestina, già dalla metà del '300, gli ebrei non conoscevano stragi e persecuzioni, ma libera integrazione.

Il primo passo verso una (mai) piena emancipazione in Europa arrivò solo nel 1781 per volere dell'imperatore d'Austria Giuseppe II, il quale concesse la libertà di religione anche agli ebrei (Patente di Tolleranza).
Con la Rivoluzione Francese si arrivò alla piena equiparazione degli ebrei agli altri cittadini: era il 1791, eppure non era ancora caduta la condanna religiosa da parte della Chiesa Cattolica.
Nel corso dell'Ottocento, comunque, anche gli altri Stati europei adottarono politiche di conciliazione: il Regno di Sardegna nel 1848, il Regno d'Italia nel 1861, la Gran Bretagna nel 1866, la Germania nel 1870. Assai dura per tutto il secolo restò invece la condizione degli ebrei in Russia, dove l'annessione delle province polacche aveva inserito più di un milione di persone; l'assassinio dello zar Alessandro II (1881) provocò una catena di sanguinosi massacri di ebrei (pogrom), favoriti da una intelligencija conservatrice che vedeva in un comune capro espiatorio l'opportunità di una valvola di sfogo alle durissime condizioni sociali tra la popolazione, esplose poi in quella Rivoluzione d'Ottobre che ebbe suoi sostenitori negli ebrei-marxisti.

L'antisemitismo, però, non è fenomeno che può scomparire con meccaniche legislative, e così continuò ad alimentarsi ed a essere alimentato da gruppi politici reazionari e nazionalisti. A questo serbatoio d'odio razzista farà ricorso il nazionalismo tedesco, per di più rafforzato dalla sconfitta patita durante la Grande Guerra, una disfatta le cui colpe caddero su ebrei e socialisti: si apriva così la strada per le ideologie antisemite ed i piani di sterminio del Secolo breve. Gli ebrei, quindi, di nuovo, assunsero il "ruolo" di capro espiatorio in gran parte del mondo occidentale.

 
©2013. Una realizzazione di Diego Brugnoni. Grafica a cura di Diego Brugnoni e Pietro Gregorini. Shoah-al-Nakba.it è pubblicato con una Licenza Creative Commons.