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Piccolo navigatore palestinese
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COME LEGGERE LA SCHEDA? E' articolata in due momenti distinti:
- storico (tu sei qui!), nel quale viene a costituirsi e consolidarsi l'occupazione
israeliana di parte della Palestina;
- contemporaneo, tratteggiando allora l'attuale emergenza umanitaria in Palestina, legata a filo rosso allo
Stato di Israele.
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PALESTINA. MOMENTO STORICO |
Dal sionismo europeo agli accordi di "pace". [Qui per una sintesi grafica del periodo 1917-'67 in Palestina] |
Nell’agosto del 1897, prima della tragedia dell'Olocausto consumatasi nell'Europa nazifascista, si riunisce a Basilea la minoranza storica degli ebrei di tutto il mondo che si riconosceva nel Sionismo di Theodor Herzl.
Nei diari di Herzl, tenuti tra il 1895 e il 1904, in data 3 settembre dell'anno corrispondente alla giornata conclusiva del Primo Congresso costitutivo dell’Organizzazione Sionista, si legge:
Dovessi riassumere il Congresso di Basilea in una parola - che mi guarderò bene
dal pronunciare pubblicamente - sarebbe questa: A Basilea, io fondai lo Stato
Ebraico. Se lo dicessi ad alta voce oggi, mi risponderebbe una risata
universale. Se non fra 5 anni, certamente fra 50 ciascuno lo riconoscerà
1.
Così, per molti ebrei in fuga dal razzismo antisemita delle borghesie capitaliste europee, la soluzione indicata da Herzl è l’idea forte di una nazione ebraica.
Già dal primo Congresso e per tutti i successivi del primo ‘900 la Palestina
storica (nella quale oggi coesistono a fatica Striscia di Gaza, Cisgiordania e
Stato di Israele) è oggetto di un disegno di colonizzazione.
La pressione ebraica sulla Palestina, unita all’opportunità della Gran
Bretagna di assicurarsi un controllo “occidentale” sul canale di Suez, sono alla base della storica dichiarazione di Arthur James Balfour,
Segretario per gli affari esteri britannico (2 novembre del 1917): la Gran Bretagna si impegna ad
assicurare un “focolare nazionale” ebraico in Palestina, pur senza pregiudicare i diritti civili e religiosi delle preesistenti comunità non-ebree.
La Dichiarazione di Balfour precede il collasso dell’Impero Ottomano avvenuto durante la
Prima Guerra Mondiale, anche grazie al supporto militare degli arabi. Di qui la
costituzione di un Mandato (istituzione storica della Società della Nazioni) per amministrare la Palestina ottomana, con Transgiordania (attuale Giordania) e Iraq - dove nascono in breve tempo monarchie arabe.
Nel 1922, anno del primo censimento britannico, gli ebrei sono 83.790 (11,4% della popolazione), alcuni dei quali in Palestina - e in Medio Oriente più in generale - da centinaia di anni pacificamente conviventi con la maggioranza
non-ebrea. Il Libro Bianco di Churchill, che
nel 1922 riassume la politica mandataria dell’autorità britannica,
fotografa una comunità ebraica con organi politici definiti, ovvero un'assemblea eletta, consigli
di città e enti per la direzione delle questioni religiose.
Poco più tardi, nel 1931, anche grazie al lavoro dell’Agenzia Ebraica per la
Palestina, oggi Sochnut "Agenzia Ebraica per Israele", gli ebrei in Palestina
saranno 174.606 2 su una popolazione di 1.033.314.
Dopo oltre 600 anni d’integrazione nel mondo arabo 3, rifugio
per popolazioni ebraiche in fuga dalle persecuzioni antisemite nel cuore
dell'Europa, la presenza israelitica in Palestina assume i contorni di un
processo di colonizzazione
voluto dall’Occidente europeo.
In un contesto di crescente conflittualità tra ebrei e palestinesi, quest'ultimi vedono la terra appartenuta loro da secoli diventare un territorio di conquista e occupazione. E' un inedito piano di colonizzazione che, senza sfruttare la popolazione originaria, la vuole sostituire per insediarvi uno Stato
confessionale puramente ebraico. Il progetto include gli aspetti inquietanti, tali per le stesse autorità britanniche, del
militarismo e paramilitarismo sionista: è il 1936 quando si costituisce il
gruppo terroristico israeliano dell’Irgun, da una scissione con l’Haganan - organizzazione nata per proteggere i primi kibbutz ebraici, i cui animatori erano prossimi a scegliere tra utopia socialista, ideali egualitari e nazionalismo etnico. Di fronte alle
pressioni delle vicine nazioni arabe a non ignorare il destino delle comunità palestinesi, nel 1939 è in stampa il Terzo Libro Bianco. 1939: è uno spartiacque per la presenza ebraica in Palestina.
Gli ebrei sono 450.000 4, un terzo dell’intera popolazione dell'area. L’autorità britannica ritiene così assolto l’impegno preso nel 1917 con
la Dichiarazione di Balfour.
L’immigrazione ebraica, almeno fino alla fine del Mandato di amministrazione della
Palestina fissata per il 1949, non avrebbe dovuto superare le 75.000 unità in
cinque anni, e solo a condizione che il sistema economico fosse stato in grado di assorbirle. Parimenti,
all’Agenzia Ebraica per la Palestina sono poste restrizioni circa l’acquisto
della terra, del tutto interdetto in alcune aree critiche per la popolazione
araba e sottoposto ad autorizzazione britannica in altre zone.
Eppure, odiose politiche persecutorie in Europa verso gli ebrei giustificano flussi
d’immigrazione che dal 1941 al 1946 portano la popolazione ebraica
da 474.102 unità a 608.225 su una popolazione di 1.912.112 5.
Ricorrenti gli attacchi terroristici contro l'autorità britannica. Gli aspetti inquietanti della violenza paramilitare israeliana, infatti, si
moltiplicano:
alla nascita dell’Irgun segue nel 1940, come scissione a destra dello stesso
movimento terroristico, il Lehi (o Banda Stern, come vuole la dizione
britannica) il cui violento desiderio di costituire uno Stato di Israele
cacciando l’autorità britannica e la popolazione palestinese spinge il movimento
a ricercare un’alleanza con la Germania nazista, che sarà impegnata a gasare gli ebrei
nei lager dell’Europa Orientale.
Le inquietudini britanniche sulla nascita di organizzazioni terroristiche si traspongono nel 1946 in una realtà forse più cruenta di quanto
immaginata: un attentato dinamitardo organizzato da Irgun e Lehi devasta il King
David Hotel a Gerusalemme, causando 91 morti. L’obiettivo è la sede del comando
militare britannico, che aveva nei giorni precedenti coordinato
l’arresto di 2.700 membri delle organizzazioni terroristiche e ottenuto
informazioni riservate sulle operazioni israeliane di intelligence nei paesi
arabi confinanti.
Prima della strage al King David, il 6 novembre del 1944, la Banda Stern, al suo debutto come organizzazione terroristica, assassinava un alto funzionario inglese, rappresentante di quella autorità d’ostacolo al processo di costituzione di una Nazione ebraica. Il suo nome era Walter Edward Guinness (Lord Moyne),
e lo stesso Winston Churchill denunciò i membri del Lehi israeliano come assassini "degni della Germania Nazista" 6, in un discorso alla Camera parlamentare di Londra.
L'iniziativa terroristica dell’Irgun raggiunge finanche l'Europa: il 31 ottobre del 1946,
un attentato dinamitardo distrugge un edificio storico della famiglia Torlonia adibito ad ambasciata
britannica a Roma.
Per la Gran Bretagna, attaccata fino nel cuore dell’Europa dalle organizzazioni
sioniste, la questione palestinese era divenuta ingestibile, e pertanto chiede il coinvolgimento delle Nazioni Unite. Di qui (13 maggio del 1947), la costituzione della
UNSCOP ( United Nations Special Committee on Palestine), la quale produce un ricco
documento 7 di analisi della situazione in Palestina determinando un primo
Piano
di partizione dei territori. Sulla base di quel lavoro, oltre che di un’inedita
alleanza tra statunitensi (con un sistema politico legittimamente condizionato dalla comunità ebraica 8) e sovietici (illusi dalla possibilità di fare di Israele uno Stato socialista e desiderosi di contrastare
l’imperialismo britannico), il 29 novembre del 1947 l’ Assemblea Generale
dell’ONU approva la Risoluzione 181.
Figura Piano di partizione della Palestina(Cartina
originale estratta dalla Risoluzione 181, allegato A)
La Palestina è (virtualmente) frammentata in tre aree: la più grande, quella
israeliana (56% della terra) alla minoranza della popolazione (33%); la più
piccola, quella palestinese (43% della terra) alla maggioranza araba che abitava
quelle terre, con l'intera area di Gerusalemme zona internazionale
amministrata dalle Nazioni Unite.
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La Risoluzione 181, con la quale i palestinesi pagano la tragedia della
Shoah consumata nel cuore dell’Europa, produce un prolungato periodo di
ostilità tra gli ebrei di Palestina e gli arabi della regione, che va sotto il
nome di “ Guerra arabo-israeliana”.
Il conflitto, che dura dal novembre del 1947 al marzo del 1949, può essere in
realtà scisso in due momenti.
Una prima fase di guerriglia, nella quale tuttavia non manca il
coinvolgimento degli apparati militari e di tutto il carico di violenza tra i
due contendenti. In questo contesto si compie il massacro di Deir Yassin,
villaggio palestinese assaltato con la complicità dell’Haganan e della Banda
Stern, la cui brutalità causa tra i 100 e i 250 morti e la fuga di almeno 700
civili
9. Il massacro è utilizzato dalle formazioni paramilitari israeliane
come strumento di terrore contro i civili palestinesi: le scene di morte e
devastazione sono riprodotte in supporti fotografici come monito per allontanare
gli arabi dalla Palestina, al fine di distruggere la società palestinese.
Alla vigilia del termine del Mandato britannico, con il quale si esaurisce la
prima fase del conflitto, il Zionist General Council (ZGC) è già pronto a
dichiarare il proprio Stato Ebraico, “Medinat Israel”.
Le limitazioni migratorie imposte dal Libro Bianco del 1939 sono già abrogate e
il 26 maggio 1948 gran parte dei membri dei gruppi paramilitari fin lì attivi
(dall’Haganan alla Banda Stern) confluiscono nelle attuali Forze di Difesa
Israeliane (FDI). In questo momento storico, in una seconda fase del
conflitto, Israele si mostra al Mondo quale potenza militare, anche attraverso
l’acquisto di materiale bellico che fu della Wehrmacht nazista, grazie
alla collaborazione del nuovo ministro cecoslovacco del Partito Comunista,
Vladimir Clementis (“Operazione Balak”).
Gli ordini erano accompagnati da una minuziosa
descrizione dei metodi da usare per cacciare via la popolazione con la
forza: assedio e bombardamento dei villaggi, incendi di case, espulsioni,
demolizioni, e infine collocazione di mine tra le macerie per impedire agli
abitanti espulsi di tornare
10.
Attraverso la pulizia etnica e una strategia di operazioni militari di
schiacciante supremazia interrotte solo da due tregue raggiunte da un abile
mediatore ONU - lo svedese
Folke Bernadotte presto assassinato dalla Banda Stern,
Israele conquista territorio per il costituito Stato Ebraico ben oltre la
Risoluzione 181.
Gli armistizi del 1949 con Egitto (febbraio), Libano (marzo), Regno di
Giordania (aprile) e Siria (luglio) determinano i nuovi confini dello Stato di
Israele, segnati dalla cosiddetta “ Green Line”, che escludeva la
Striscia di Gaza e la Cisgiordania dallo Stato Ebraico
(rispettivamente attribuite a Egitto e Giordania, che amministreranno questi
territori sino al 1967). Gerusalemme viene attraversata dalla Linea
Verde, e spaccata in due: nascono così Gerusalemme Ovest (“israeliana”) e
Gerusalemme Est (sotto l’amministrazione giordana).
La guerra dichiarata in difesa dei propri confini si mostra in realtà per quello
che è: una massiccia operazione di occupazione e pulizia etnica. Infatti,
se nel 1948 la Palestina assegnata ai palestinesi poteva contare 1.300 villaggi
e città abitate da 1,4 milioni di palestinesi
11, alla firma degli armistizi circa 711.000 palestinesi avevano
lasciato le proprie terre, come richiamato in un rapporto della Nazioni Unite
del 23 ottobre 1950
12.
La guerra arabo-israeliana del 1948 è per Israele il momento storico per
compiere la pulizia etnica
13, necessaria alla realizzazione del progetto sionista di uno Stato
ebraico. Il 1948 diventa così per i palestinesi l'anno tragico della
Nakba (o Catastrofe): la metà della popolazione araba è cacciata dal
territorio del neonato Stato di Israele e costretta a un'esistenza da
rifugiati, dislocati in numerosi campi profughi nei Territori Palestinesi o nei paesi arabi
vicini. Il dramma dei profughi iniziato nel 1948 rappresenta oggi
la più grande Diaspora in corso nell'età contemporanea, all'origine
della richiesta da parte di milioni di palestinesi del riconoscimento
del Diritto al ritorno alla propria terra
14 come sancito dalla
Risoluzione ONU 194 e negato dalle autorità israeliane.
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"Scosse", così Jean Genet
15 parla delle altre due guerre del 1956 e del 1967, unendole a filo
rosso con il 1948: Israele confuta la "leggenda infamante della presunta
viltà fisica degli ebrei" con le bombe, i soldati addestrati, le
deportazioni e la pulizia etnica.
Nel 1956 Israele sferra un attacco preventivo all’ Egitto di
Nasser, il quale - insofferente all’ordine tradizionale delle cose -
nazionalizzava la Compagnia del Canale di Suez anche per finanziare la
diga di Assuan, che avrebbe permesso lo sviluppo agrario del paese.
Prima ancora di incarnare la difesa in Medio Oriente delle forze
capitalistiche, per Israele è strategico impedire la crescita di governi
arabi autonomi, non reazionari, non aristocrazie feudali. Così, per la
seconda volta, Israele dimostra la propria supremazia militare dinanzi
al mondo arabo, con l’occupazione della Striscia di Gaza e del Sinai
egiziano, territori poi restituiti solo a seguito della pressione
internazionale di Stati Uniti e Unione Sovietica.
Il 1967 è invece l’anno della scossa il cui esito influenza la
geopolitica fino ad oggi, l’anno della seconda Diaspora
palestinese e della seconda colonizzazione ebraica della Palestina.
In risposta alla presunta sfida rappresentata da Nasser e dal suo ruolo
nella costituzione al Cairo dell’Organizzazione per la Liberazione della
Palestina (OLP), ma soprattutto alla minaccia degli eserciti egiziano,
siriano e giordano, il 6 giugno del 1967 Israele conduce un attacco
preventivo che di fatto decima le forze armate arabe.
In sei giorni (" Guerra dei sei giorni") Israele occupa
militarmente, questa volta per rimanere, la Cisgiordania (con
il
settore giordano di Gerusalemme) e la Striscia di Gaza,
oltre alle Alture del Golan e parte del Sinai egiziano (restituito nel
1978 a seguito degli Accordi di Camp David).
“Medinat Israel”, lo Stato ebraico e “democratico” figlio del
Sionismo Laburista, assume ora i contorni di “Eretz Israel”,
l’Israele biblico, attraverso l’occupazione militare di territorio
palestinese nel quale insediare popolazione civile ebraica –
militarmente protetta 16.
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Il contrappasso alle vessazioni subìte per millenni nel cuore dell’Europa
cattolica si realizza, per Israele, nell' affermazione della propria supremazia
militare, raggiunta pacificando il proprio bisogno di sicurezza attraverso
invasioni, occupazioni e deportazioni.
Così, nel 1982, Israele dà il via all’operazione militare che va sotto il
nome di “ Pace in Galilea”, per azzerare gli insediamenti palestinesi
attorno ai confini settentrionali israeliani e cancellare l’Organizzazione
per la Liberazione della Palestina, attiva e organizzata in un Libano (Beirut
Ovest) attraversato dalla guerra civile.
Al pari di tutte le guerre d’invasione, Israele lascia dietro di sé un pesante
carico di morti. Il massacro di 97 civili palestinesi per il bombardamento al
fosforo del campo profughi di Burj Al Shamali
è solo una delle carneficine di un un sanguinario 1982
17.
Il 1° settembre l’OLP di Yasser Arafat, ottenuta la presenza di un
contingente internazionale (composto da unità statunitensi, francesi e italiane)
a garanzia della difesa della popolazione civile, termina la parentesi
dell’esilio libanese per un altro esilio, in Tunisia. Nei giorni precedenti il
diplomatico statunitense Philip Habib aveva raggiunto un accordo secondo
il quale le forze israeliane non sarebbero entrate a Beirut Ovest, e così pure i
falangisti di Bashir Gemayel. Lo stesso Gemayel è eletto presidente del
Libano alla fine di agosto con il supporto della comunità cristiano-maronita
libanese e soprattutto di Israele.
Il contingente internazionale, tuttavia, abbandona Beirut già a partire dal 9
settembre (prima i marines, poi gli italiani – 11 settembre, e due giorni più
tardi i francesi).
Pochi giorni dopo, il 14 settembre, in un paese evidentemente ancora segnato
dalla guerra civile, Bashir Gemayel è ucciso da Habib Shartuni, per
vendicare (con la complicità della Siria) la morte del padre – cristiano
oppositore dei falangisti – per mano degli squadroni di Gemayel.
Il giorno dopo, il 15 settembre 1982, gli israeliani dispongono la propria
macchina strategica attorno ai campi profughi palestinesi di Sabra e Shatila,
così accerchiati, sigillati, le cui notti sono illuminate a giorno con
i fari degli elicotteri. Alle 15:00 del giorno seguente termina l’incontro tra Ariel
Sharon, Ministro della Guerra Israeliano, Rafael Eitan, generale
delle Forze di difesa Israeliane, e le milizie falangiste
18. Morris Draper, rappresentante dell’amministrazione
statunitense di Reagan, nulla muove per ostacolare la tattica stragista
19.
Le milizie dei servizi speciali libanesi e uomini dell’Esercito del Sud del
Libano, guidati da Elie Hobeika, entrano così nei campi di Sabra e
Shatila alle 18:00 del 16 settembre 1982. Ne escono 38 ore dopo, alle
prime luci del 18 settembre, quando gli israeliani entrano nel campo lasciando
scomparire i massacratori.
Solo il giorno prima, il 17 settembre 1982, Arafat aveva chiesto all’allora
ministro italiano degli Esteri il ritorno delle forze di difesa internazionali a
Beirut Ovest
20. Nessuno tornò.
Il numero di vittime al termine del massacro compiuto in “chilometri e
chilometri di vicoli strettissimi”
21, qual era la topografia dei campi profughi di Sabra e Chatila, è
imprecisato: almeno 700 per l’esercito israeliano, circa 3.500 per il
giornalista israeliano Amnon Kapeliouk
22, almeno 2.000 secondo i dati della Mezza Luna Rossa Palestinese
23. Nelle testimonianze si intuiscono le proporzioni della mattanza:
A un comandante falangista fu chiesto quanti fossero di
preciso i morti: “lo scoprirete” rispose, "semmai costruiranno una
metropolitana a Beirut" 24
Alle 16 di venerdì (17, ndr) il massacro durava ormai da
19 ore. Gli israeliani, che stazionavano a meno di 100 metri di distanza,
non avevano risposto al crepitìo costante degli spari né alla vista dei
camion carichi di corpi che venivano portati via dai campi (David Lamb,
sul Los Angeles Times del 23 settembre 1982)
Il telefono era stato tagliato durante l’ingresso a
Beirut Ovest dei soldati israeliani, e con loro delle scritte delle vie in
ebraico. […] Il giorno dopo l’entrata dell’esercito israeliano eravamo
prigionieri, e mi è sembrato che gli invasori fossero più disprezzati che
temuti, facevano più schifo che paura […] Quando sono state interrotte le
strade, col telefono muto, privo di ogni comunicazione con il resto del
mondo, per la prima volta in vita mia mi sono sentito palestinese e ho
odiato Israele. […] Israele è colpevole di aver fatto entrare nei campi due
compagnie di Kataeb (Falangi libanese, ndr), di aver dato loro degli ordini,
di averli incoraggiati per tre giorni e per tre notti, di aver portato loro
da bere e da mangiare, di aver illuminato i campi di notte
25.
La società civile internazionale, nella forma dell’ Assemblea generale
delle Nazione Unite, il 16 dicembre 1982 definisce i giorni neri di Sabra e
Shatila un " massacro di larga-scala" e un " atto di genocidio"
26.
La Commissione internazionale indipendente chiamata a giudicare l’intervento
israeliano in Libano secondo il diritto internazionale, composta per maggior
parte da giuristi e presieduta dal politico e avvocato irlandese Seán
MacBride, indica in Israele il diretto responsabile del massacro, in
quanto forza occupante. Nel rapporto conclusivo pubblicato nell’estate del 1983
27, si legge che le atrocità di Sabra e Shatila “non erano in
contrasto con una più ampia intenzione israeliana di distruggere la volontà
politica palestinese e la sua identità culturale”.
Sandro Pertini, in uno storico discorso – è il 31 dicembre 1983 – dirà:
Io sono stato nel Libano. Ho visto i cimiteri di Chatila
e Sabra. È una cosa che angoscia vedere questo cimitero dove sono sepolte
le vittime di quell’orrendo massacro. Il responsabile dell’orrendo massacro
è ancora al governo in Israele. E quasi va baldanzoso di questo massacro
compiuto. È un responsabile cui dovrebbe essere dato il bando dalla
società.
( Dal
video del messaggio di fine anno del Presidente
Sandro Pertini)
Eppure, nessuno ha pagato per Sabra e Chatila, “atto di genocidio”. Il
tentativo del giugno 2001 della Corte di Cassazione belga di giudicare i fatti
di Sabra e Shatila finisce presto con un’autocensura giuridica. Il processo si
chiude non prima dell’attentato mortale a Elie Hobeika, a un passo da rivelare a
membri del Parlamento belga informazioni utili al dibattimento; la Corte riceve
pressioni manifeste da parte della leadership israeliana contraria alla
possibilità stessa di un processo che avrebbe potuto significare la condanna di
Ariel Sharon (Ministro della Guerra nel 1982 e promosso a Primo Ministro
dalle elezioni parlamentari israeliane del 2001).
Jean Genet, testimone dell'orrendo 1982, così scrive:
Che vantaggio aveva Israele a massacrare Chatila?
Il vantaggio che aveva a bombardare per due mesi la popolazione civile:
cacciare e sterminare i palestinesi.
Che cosa voleva raggiungere a Chatila?
La distruzione dei palestinesi
28.
La donna palestinese era probabilmente vecchia, perché
aveva i capelli grigi. Stesa sul dorso, posata o abbandonata sui
sampietrini, mattoni, sbarre di ferro, senza cura. In un primo momento sono
stato colpito da questo groviglio di corda e stoffa che andava da un polso
all’altro, tenendo orizzontalmente le braccia, come fossero crocifisse. Il
volto nero e gonfio, rivolto verso il cielo, una bocca aperta, nera di
mosche, con denti che mi sembravano bianchissimi, volto che, senza che un
muscolo si muovesse, sembrava sia accigliarsi, sia sorridere o gridare di un
grido silenzioso e ininterrotto. Le calze erano di lana nera, l’abito a
fiori rosa e grigi, leggermente rimboccato o troppo corto, non so, lasciava
intravedere polpacci neri e gonfi, sempre con lievi venature malvacee alle
quali rispondevano un viola e un violetto simile alle guance. Erano
ecchimosi o l’effetto naturale della decomposizione sotto il sole?
- L’hanno fracassata col calcio dei fucili?
- Guardi signore le sue mani
Non l’avevo notato. Le dita erano sparpagliate, le dieci dita tagliate come con una
cesoia da giardiniere. Alcuni soldati, ridendo come une bambine e cantando
gioiosamente, si erano probabilmente divertiti scoprendo e usando questa
cesoia
-Guardi signore
Le estremità delle dita, le falangette con l’unghia
ancora attaccata, erano nella polvere. Il giovane che mi mostrava, con
naturalezza, senza enfasi, il supplizio dei morti, ha rimesso, con calma, un
velo sul volto e sulle mani della donna palestinese, e un pezzo di cartone
ruvido sulle gambe. Non distinguevo altro che un ammasso di stoffa rosa e
grigio, attorno a cui giravano le mosche
29.
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Dopo l’occupazione israeliana dei Territori palestinesi a seguito del conflitto
del 1967, la situazione geopolitica è stata solo in parte riconsiderata dagli
accordi di pace. Tali accordi, sebbene rappresentati come passi avanti
nel Processo di Pace, rappresentano in realtà una non-soluzione agli abissi
umanitari e di violazione del diritto creati dal 1948 a oggi.
Gli Accordi di Oslo ( 1993
e
1995), l’Accordo Gaza-Gericho ( 1994)
e il Protocollo di Hebron ( 1997)
sono tuttavia momenti chiave per meglio introiettare, attraverso i
successivi paragrafi del momento contemporaneo, una visione chiara e comprensiva
di ciò che è la Palestina oggi.
- Con Oslo-1993 (dal nome della capitale norvegese dove son stati
condotti i colloqui) Yasser Arafat e Yitzhack Rabin
giungono a un primo riconoscimento reciproco: dell’esistenza dello Stato di
Israele, da una parte, e della legittimità all’auto-governo da parte della
Palestina, dall’altra. Il 4 maggio 1994, alla neo-costituita Autorità Nazionale
Palestinese vengono trasferiti i primi poteri, per l’auto-governo della
Striscia di Gaza e dell’area di Gerico, in Cisgiordania. Un anno più tardi,
con gli Accordi di Oslo II (1995) la Cisgiordania è articolata in
tre aree:
-Area A: all’Autorità Nazionale Palestinese (aree urbane);
-Area B: permane il ruolo delle forze israeliane di controllo della
sicurezza dei territori (aree rurali), ma l'amministrazione è palestinese;
-Area C: sotto pieno controllo dello Stato di Israele, eccezion fatta per
la popolazione civile palestinese. L’Area C costituisce tutt’oggi oltre il 60%
della Cisgiordania
30. Ritorneremo qui nei paragrafi successivi, dettagliando oltre.
- Con il Protocollo di Hebron (1997) è poi determinato il futura della città
cisgiordana, divisa in Hebron1 (H1) e Hebron2 (H2): dal primo settore (80% della
città) Israele ritirava la propria presenza, civile e militare, mantenendola
tuttavia nell’altro, corrispondente alla Città Vecchia, al Santuario di
Abramo (o Grotta dei Patriarchi) e alla maggior parte degli insediamenti di
popolazione civile israeliana.
I rapporti bilaterali che seguirono non modificarono oltre la geopolitica,
conducendo a parziali e concordati dispiegamenti in Cisgiordania della presenza
israeliana. Tali disposizioni mancarono tuttavia di dettaglio e non ebbero alcun
risultato in termini di un effettivo sviluppo del processo di trasferimento di
poteri all’ Autorità Nazionale Palestinese, che è anzi compromesso dalle
politiche unilaterali di Israele.
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SINTESI GRAFICA [torna in alto]. La Palestina e l'erosione di
terra nel cinquantennio 1917-1967(Traduzione e
adattamento della infografica di
Column Five)  |
La rappresentazione è evidentemente una semplificazione, però utile: nel 1917, la
Palestina che esce dall'Impero Ottomano è un'area sottoposta ad amministrazione
militare
del Regno Unito, che dal 25 aprile 1940 prenderà la forma di Mandato internazionale (Transgiordania
compresa, fino al 1923).
È una terra abitata da arabi palestinesi, con piccole comunità di
ebrei del Medio Oriente a radici semitiche che per millenni hanno
pacificamente convissuto con la maggioranza non-ebrea.
Compito del Mandato è "costruire" le istituzioni per l'autogoverno da parte di
uno Stato indipendente, che rappresenti e governi la popolazione.
Il 1917 è tuttavia anche l'anno della dichiarazione del britannico Balfour: il
sionismo europeo ottiene la garanzia che la Palestina araba potrà essere
un "focolare nazionale" ebraico. Il disegno di colonizzazione degli
ebrei d'Europa trova in Balfour una prima realizzazione.
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È il piano di partizione della Palestina uscito dalla Risoluzione 181
dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Qui il sionismo europeo ha già vinto, sebbene il piano non sia stato
attuato: a quella che era ancora la minoranza della popolazione (33%),
nonostante la colonizzazione ebraica dall'Europa, viene affidato il
56% della terra; alla maggioranza arabo-palestinese, il restante 43%.
L'area di Gerusalemme (con Betlemme e Ramallah) è dichiarata zona
internazionale, da sottoporre all'autorità delle Nazioni Unite.
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La narrazione israeliana di una guerra di difesa è solo una narrazione: durante
la guerra arabo-israeliana del 1948, lo Stato ebraico determina i propri
confini (78% della Palestina storica) espellendo la popolazione araba dai
territori conquistati militarmente. Fa pulizia etnica: è la Nakba (o
Catastrofe) palestinese.
Regno di Giordania e Egitto occupano rispettivamente Cisgiordania (con
Gerusalemme "Est") e la
Striscia di Gaza, amministrandole fino al 1967.
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Con la "Guerra dei sei giorni" del 1967, Israele occupa anche la
Cisgiordania
e la Striscia di Gaza, avviando la colonizzazione di questi territori
con
insediamenti illegali di popolazione civile (interrotta nel 2005 nella
Striscia e tutt'ora in corso in Cisgiordania).
L'esercito israeliano occupa anche la Penisola del Sinai egiziana (poi
restituita nel 1978) e le
Alture del Golan siriane, a oggi territorio amministrato da Israele.
Cosa
rimane, oggi, della Palestina? Lo vedremo saltando al
momento contemporaneo.
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